Le pignatte di Albisola

Può esistere una sorta di design primordiale?
A guardare le pignatte di Albisola, verrebbe da dire di sì.
Parliamo di una produzione seriale ma assolutamente artigianale, con tutta una serie di forme e formati adatti alla funzione principale: quella di cuocere o contenere cibi. Ci sono foto storiche straordinarie tra fine Ottocento e primi del ‘900, con le file di pignatte stese ad asciugare al sole sulla spiaggia di Albisola o nei cortili delle fabbriche, o pronte per essere imbarcate. Le forme sono diverse, anche i nomi della tradizione, secondo le dimensioni e l’utilizzo, il numero di manici e quant’altro. Ma in tutte emerge una innata eleganza, la semplicità della bellezza: una forma più o meno bombata, “femminile”, i manici semplicissimi e armonici, il binomio tra il nero della vernice di manganese esterna e il marroncino arancione dell’interno, per l’effetto della cristallina sulla terra da pignatte, con un aspetto che sostanzialmente è rimasto invariato per qualche secolo.
La tradizione non è sparita del tutto e la pentola di terracotta è ancora presente nel panorama quotidiano della cucina delle famiglie non solo liguri, un po’ grazie alle produzioni della Piral che per anni ha prodotto migliaia di pignatte di ogni dimensione sulle rive del Sansobbia, in modo semi-industriale ma con una forte componente manuale - artigianale e che ancora oggi è un marchio storico albisolese sinonimo di qualità, più volte mostrato in riviste di settore e trasmissioni di cucina; un po’ grazie anche ad alcune fabbriche che hanno continuato a produrle come una volta, sia pure in tirature limitate, totalmente a mano e al tornio, come le Ceramiche Giuseppe Mazzotti 1903.

Le pignatte albisolesi hanno da sempre attratto la mia attenzione, tanto che nel 2003 quando Albisola è “sbarcata” a Santa Teresa di Gallura in un memorabile gemellaggio ceramico, ho finito per usare per la copertina la sagoma di una pignatta che al suo interno mostrava una foto di un leudo mentre veniva caricato di pentole, con un lavoro grafico egregiamente rifinito da Paola Isetta e Ciccio Clemente della Pubblicitalia.
Feci preparare in quell’occasione una serie di copertine con la sagoma della pignatta lasciata bianca e vuota, in modo che tutti gli artisti invitatiall’evento potessero personalizzarla con il loro segno: il risultato fu una serie di splendide copertine originali d’artista consegnate al Comune di Albisola Marina a ricordo di quell’evento. La pignatta è diventata non solo il “logo” con il quale firmo da qualche anno i miei lavori, il profilo di una pentola con dentro una Stella, ma anche l’oggetto delle mie rielaborazioni sul tema, come ha fatto del resto anche Tullio Mazzotti.

Anche molti artisti l’ hanno reinterpretata nel loro lavoro. Non è possibile resistere ad un oggetto del genere, così semplice e povero ma con una storia popolare così forte, per non parlare dei legami col territorio anche dal punto di vista della storia materiale e del connubio con i cibi e la dieta mediterranea.
La buridda, le seppie con piselli, la zuppa di pesce, solo per citare alcuni piatti della tradizione ligure, cotti nell’abbraccio di una pignatta assumono un sapore e una consistenza unici, irripetibili, lo stesso avviene per altre zone d’Italia, per altre città della ceramica.
Per qualcuno parlare di pignatte potrà sembrare semplice e banale... un qualcosa di terra terra.
Per noi è un pezzetto della nostra storia, ci piace ridisegnarla e, sì, in effetti è proprio terra: la nostra.
(R. Giannotti in D? Albisola il paese della ceramica, 2012, p.26)